La Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. apre il suo spazio parigino per presentare una quindicina di opere dell'artista Francesco Patriarca che esplorano la sua poetica attraverso il linguaggio della fotografia. Scrive su di lui il filosofo Hadrien France-Lanord : "Queste fotografie trasformano il nostro sguardo da consumatori avidi di immagini spettacolari, instaurando tra loro e noi la dolcezza di una porosità visiva che ci connette alla loro realtà e ci tocca – letteralmente". Influenzato dal mondo del cinema e del teatro, le opere di Francesco Patriarca mettono in scena la dualità tra presenza e assenza, bianco e nero, vero e falso e quindi tra realtà e finzione.
La mostra restituisce l’essenza più autentica della poetica di Francesco Patriarca, fondata su una dolcezza del fuori fuoco, deliberata e sottile, che invita lo spettatore a superare la semplice riconoscibilità dell'oggetto fotografato per interrogare la luce, l’attesa e la percezione. Parallelamente, queste serie fotografiche ci restituiscono il filo che Francesco Patriarca segue all'interno della sua opera: la messa in scena di una dualità e di una tensione, che essa oscilli tra il bianco e il nero, la presenza e l'assenza o all’interno dell'illusione dell'autenticità.
Nella serie Clay, popolata da "fantasmi di argilla" che sembrano emergere da un passato lontano, i vasi in terracotta contemporanei appaiono come resti di un’antichità etrusca o greca, in una perfetta sospensione tra memoria e storia. La serialità, nella pratica di Patriarca, non è mai ripetizione ma respiro: un modo per spostare lo sguardo dall'oggetto alla maniera in cui esso viene visto. Così i vasi ritrovano, attraverso la fotografia, una nuova presenza capace di far risuonare l’eco del mito antico nella contemporaneità. Accanto a questo ciclo, le architetture silenziose e disabitate si svelano nella serie Rooms, realizzata nelle stanze vuote della Villa Giustiniani Odescalchi, dove un tempo sono state girate alcune scene dell'iconico film "La Dolce Vita" di Federico Fellini, dove la luce e l’ombra svelano presenze impalpabili: porte, camini, soglie e passaggi come architetture interiori – non più semplici luoghi, ma presenze sospese, dove il vuoto diventa misura del tempo. Parte della stessa ricerca anche la composizione The Spiral Staircases dove protagonista è l’architettura di un altro edificio significativo : il Seylanov a Tbilisi in Georgia. Ammirato dai suoi affreschi maestosi e dalle scale riccamente decorate, Francesco Patriarca decide di far evolvere il personaggio fittizio quasi-fantasmatico del suo testo The Seylanov Brothers come se fosse sul palcoscenico di questo monumento tra presenza e assenza, tra luce e oscurità. L’approccio tecnico di Patriarca è indissolubile dalla tensione poetica che anima il suo lavoro: la Polaroid viene scelta per la sua capacità intrinseca di preservare una forza alchemica, una reazione chimica tra luce e materia che si manifesta nella densità del bianco e del nero, trasportando lo spettatore in una dimensione senza tempo. Ogni immagine nasce da un processo lento, quasi meditativo, in cui la materia fotografica diventa parte integrante dell'opera.
Note biografiche:
Nato a Roma nel 1974, Francesco Patriarca sviluppa la sua ricerca tra fotografia, pittura e musica. Dal 2002, anno della pubblicazione a Parigi della sua prima monografia, L’appartement, espone in gallerie, musei e istituzioni in Europa, Asia e Stati Uniti, tra cui The Goss-Michael Foundation (Dallas), The Dactyl Foundation (New York), Fondazione Pastificio Cerere (Roma), il Museo dei Mercati di Traiano (Roma), il Museo Carnavalet (Parigi), le Rencontres Photographiques en Sud Gironde, la Galleria Nazionale d'Arte di Tirana, il MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo (Roma), il MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, la Reggia di Caserta e le Rencontres d’Arles. Le sue fotografie, reportage e ritratti sono stati pubblicati in giornali come International Herald Tribune, Courrier International, La Repubblica, Corriere della Sera, Il Giornale dell’Arte, The Observer e L’Officiel. Il suo progetto “Clay Ghost” (2024-2025) è stato oggetto di diverse presentazioni ed esposizioni a Roma, Parigi, Londra, New York e Tbilisi.
La sua opera nasce da esperienze personali che si trasformano in racconti visivi sospesi, tra astrazione e figurazione. Ogni serie costituisce un capitolo di un archivio in continua evoluzione, una mosaico mentale in cui frammenti di vita si sfiorano e trovano nuovi equilibri attraverso la creazione artistica. Alternando alta e bassa definizione, nitidezza e sfocatura, le sue immagini non cercano mai l’effetto consolatorio: sono rivelazioni, affidando allo spettatore la responsabilità dell’interpretazione – invitandolo a attraversare un’immagine che si offre come presenza silenziosa, quasi come una apparizione.
Francesco Patriarca vive e lavora a Roma.
