Allen Jones, l’artista più controverso del Regno Unito, ha influenzato praticamente tutti. Stanley Kubrick durante le riprese di Arancia Meccanica si ispirò a lui per l’arredamento del Korova Milk Bar dove spuntavano qua e là sculture di donne lascive trasformate in tavolini e sedie e perfino attaccapanni (oggi opere del genere sarebbero impensabili). Gucci, ha fatto lo stesso nel 2013 quando decise di giocare coi contrasti piazzando in passerella modelle strette in tubini in pelle armate di accessori guidati dalla sua inconfondibile estetica fetish. David Gilmour, chitarrista dei Pink Floyd, lo scelse invece come musa ispiratrice durante le riprese di Live at Pompeii apparendo in vari spezzoni video con una copia delle sue leggendarie Figures. Il regista tedesco Barbet Schroeder gli affidò nel 1975 il design del suo film Maîtresse dove un ladro interpretato da un giovanissimo Gerard Depardieu si ritrova a svaligiare la casa di una dominatrice professionista. Insomma se parte del nostro immaginario contemporaneo è fatto in questo modo un po’ di merito (o di colpa, dipende dai punti di vista) è sua. Ora l’universo ironico, irriverente, spiazzante, seducente, dissacrante, scandaloso - ma l’elenco potrebbe continuare all’infinito - del grande maestro britannico atterra, come fosse un’astronave, nelle sale della Galleria d’Arte Maggiore g.a.m di Bologna per la mostra Forever Icon. Corposo excursus sulla sua visione che fin dagli anni Sessanta sollecita accesi dibattiti, specialmente tra le femministe (nel 1986 una delle sue sculture audaci e dissacranti fu vandalizzata con dell’acido).
Nato nell’Hampshire nel 1937, studi al Royal College of Art di Londra, dove è stato allievo di maestri come David Hockney e Ron Kitaj, Jones è considerato fin dai tempi della Swingin’ London una figura fondamentale della Pop art europea. Amatissimo da Elton John, Mike Jagger, Roman Polanski, è stato un artista che ha fatto della figura e del corpo umano il cuore nevralgico della sua poetica. Ma cosa vogliono dire esattamente i suoi lavori? Qual è il vero obbiettivo? La materia è assai dibattuta. Alcuni lo vedono come un semplice maschilista; altri, al contrario, lo considerano un grande critico del sistema capitalista, dove il corpo delle donne è da sempre ridotto a mero oggetto di desiderio maschile; altri ancora sostengono, infine, che Jones ritragga semplicemente ciò che vede, senza prendere una posizione netta e definitiva. «Avrei potuto essere un pittore astratto. - ha raccontato l’artista tempo fa al Daily Telegraph - Avrei potuto passare la vita a dipingere quadrati. In un certo senso sarebbe stato più facile, ma sarebbe stato anche molto più limitativo…». In mostra dall’1 febbraio (nei giorni di Arte Fiera) al 16 aprile, c’è tutto il suo mondo, racchiuso in una quindicina di pezzi, soprattutto sculture plastiche, foto e dipinti. Ci sono lavori comeOvation, Backdrop e Changing Room che rivelano il suo punto di vista sulla femminilità raccontato attraverso sinuosi corpi che si dissolvono nel colore acceso. Ci sono le opere Semi Quiver e Crescendo che indagano invece sull'interconnessione tra i generi, affermando più o meno esplicitamente che l'uno non può vivere senza l’altro. Ma l’esposizione ha una sua punta di diamante. E’ lo scatto Body Armour (Kate), che testimonia la metamorfosi di Kate Moss in scultura: Jones infatti nel 2013 ha rivestito la star - che in diverse occasioni è stata sua musa - con una corazza d’oro e bronzo rendendola una sorta di manichino. Il progetto, in origine, doveva essere inserito all’interno di un film del 1978 che Jones non ha mai diretto, mentre quel corsetto avrebbe dovuto ricoprire le curve di Raquel Welch che all’ultimo decise di declinare l’invito attraverso una lettera raccomandata. L'ultimo esemplare di questa edizione speciale, parla di glamour, di icone contemporanee ma anche del modo in cui la donna è raccontata nell’immaginario moderno. Un’ultima riflessione. Se la mostra di Jones, che oggi vive e lavora fra il suo studio di Charterhouse Square a Londra e quello immerso nel verde dell’Oxfordshire progettato dall'architetto Piers Gough, fosse stata allestita fra gli anni Sessanta e Settanta avrebbe senz’altro generato scandalose reazioni, rivolte e perfino tumulti di piazza. Stavolta però nulla di tutto questo accadrà. E se da un lato è ovviamente un bene (almeno dal punto di vista dell’ordine pubblico), dall’altro è il segno evidente che viviamo in una società ormai assuefatta a qualsiasi stimolo, a qualsiasi provocazione. Sia esso la censura per un capezzolo mostrato su Instagram oppure un corpo femminile trasformato in un complemento d’arredo qualsiasi. E forse è proprio questo che Mr. Jones vuole dirci traghettando le sue opere di ieri nel nostro fragile oggi.