Massimo Campigli, il cui vero nome è Max Hilenfeld (Berlino, 4 luglio 1895- Saint-Tropez, 3 maggio 1971), è cresciuto in Italia, dove sua madre giovanissima lo porta appena nato per evitare uno scandalo alla famiglia e lui cresce considerandola sua zia. Scopre la verità solo nel 1910 e questa importante scoperta influirà in modo determinante sul suo modo di porsi nei confronti del mondo femminile. Nel 1914 Campigli lavora come segretario al quotidiano Corriere della Sera e nello stesso anno decide di partire in guerra come volontario: nel 1916 viene fatto prigioniero a nord di Vienna ma riesce a fuggire e alla fine si trasferisce a Londra. Dal 1919 al 1927 è corrispondente  da Parigi per Corriere della Sera. In questa città Campigli incomincia a dedicarsi alla pittura ammirando dapprima Léger più che Picasso. Campigli non ha insegnati nel suo percorso da artista, la sua formazione si compie entro un orizzonte personalissimo e a se stante, nel sogno di una dimensione evocativa di vagheggiamento atemporale, alla ricerca dell'antico, della radici archetipe dell'uomo. Il mondo della sua infanzia, l'immagine della donna, le antichità e le culture primitive saranno i temi principali della sua pittura. La donna costituisce uno dei suoi soggetti prediletti,   caratterizzati da una soavità che sarà sempre accompagnata al riserbo.

Come artista partecipa per la prima volta al Salon d'Automne nel 1921. Dal 1927 è in grado di poter vivere con i proventi della sua pittura e lascia l'incarico di corrispondente al Corriere della Sera. Pochi anni dopo compie un viaggio nell'Italia centrale, in cui rimane incantato dell'arte etrusca, tanto da fargli rinnegare le opere dipinte negli anni precedenti, che lui stesso definirà "tentativi contraddittori".

Nella sua pittura subentra al post cubismo un sentimento lirico soggetto ormai soltanto a una evoluzione lenta e costante, indifferente a scuole e mode. Nel 1928 viene invitato alla Biennale di Venezia con una sala personale; e vi espone a tutte le edizioni fino al 1938 e nel 1948. 

Espone nei principali musei internazionali a Lipsia, a Parigi, a Madrid, a Mosca e poi in seguito a New York. Partecipa a varie edizioni della Triennale di Milano e della Quadrinnale a Roma. A Padova tra 1939-40 realizza una decorazione monumentale (più di 250 mq) all'interno del Liviano, memore dei cicli pittorici rinascimentali che celebra lo storico Tito Livio. Ritorna a Parigi nel 1949 in cui viene già riconosciuto come uno dei migliori pittori italiani contemporanei. 

È invitato a partecipare a New York alla grande rassegna di Arte italiana del XX secolo, organizzata da Alfred H. Barr e James Thrall Soby al Museum of Modern Art.

In questi anni avviene nella sua pittura un cambiamento, da intendersi come l'evolversi coerente di un percorso diretto all'essenza della forma figurativa, all'archetipo.

Le opere di Campigli sono presenti in vari musei di tutto il mondo tra cui si possono citare il Museo dell'Ermitage a San Pietroburgo, Stedelijk Museum ad Amsterdam, Musée national d'Art Moderne Centre Pompidou a Parigi, MOMA a New York, Ikeda Museum of 20th Century Art a Shizuoka, museo Bellas Artes a Bilbao, Musei del Vaticano, Città del Vaticano. 

La Galleria d'Arte Maggiore g.a.m. lavora sull'opera di Massimo Campigli dal 1988, con l'organizzazione di una mostra personale dedicata all'artista negli spazi della galleria (dicembre 1988 - gennaio 1989). Grazie alla lunga amicizia tra Franco Calarota e Nicola Campigli, figlio dell'artista, altre due mostre sono state organizzate dalla Galleria d'Arte Maggiore in collaborazione con istituzioni pubbliche: una mostra antologica presso la Facoltà di lettere dell'università di Catania nel 1989, e un'altra mostra nel 2003 a Palazzo Sette nel comune di Orvieto.