Il 19 febbraio 1899, a Rosario di Santa Fé, in Argentina, nasce Lucio Fontana. Il padre Luigi è un architetto e scultore di Varese emigrato in Argentina un anno prima e la madre è Lucia Bottini, attrice di origine Italiana nata e cresciuta a Rosario, figlia del pittore e incisore svizzero Jean Bottini.
Luigi Fontana, grazie alle competenze acquisite in Italia dove aveva frequentato l'Accademia di Brera e aveva lavorato con suo padre che possedeva a Varese un'impresa di decorazioni architettoniche, aveva sviluppato a Rosario di Santa Fe un'intensa attività di scultura grazie ad un'impresa pervenuta negli anni a grande rinomanza, che operava nell'ambito di concorsi per monumenti commemorativi e della ritrattistica funeraria.
A partire dall'età scolare, Lucio viene mandato in Italia per gli studi ed affidato allo zio, in provincia di Varese. Qui comincia l'apprendistato dell'artista, con la pratica nello studio del padre scultore rientrato nel frattempo in Italia. Dopo la parentesi del primo conflitto mondiale, in cui Fontana si arruola nel 1916 come volontario ma dal quale viene dimesso dopo due anni a causa di una grave ferita, torna a Rosario Santa Fe nel 1921 per dedicarsi alla scultura lavorando nell'atelier del padre "Fontana y Scarabelli". Ma inizierà presto una ricerca scultorea libera, svincolata dalle committenze, aprendosi uno studio in proprio. Nel 1927 riceve le prime commissioni importanti e vince alcuni concorsi pubblici e sempre in quell'anno torna in Italia, dove a Milano si iscrive al primo anno di scultura dell'Accademia di Belle Arti di Brera, iniziando a seguire I corsi di Adolfo Wildt.
Nel 1930 Fontana partecipa alla XVII Biennale di Venezia e tiene la sua prima personale alla Galleria del Milione di Milano dove con Uomo Nero espone un'opera di profonda rottura, affrontando il tema delle figure umane che, private del loro valore plastico, sono ridotte a sagome geometrizzanti. Fontana si avvicina all'ambiente dell'astrattismo lombardo e prosegue con le sue sperimentazioni formali anche avvalendosi della ceramica. Di ritorno in Argentina, è protagonista di numerose esposizioni ed insegna modellato e decorazione presso l'Accademia e la scuola di arti plastiche. Dal contatto con giovani artisti e intellettuali nasce nel 1946 il Manifiesto Blanco e lo stesso anno in un gruppo di disegni dell'artista compare il termine "Concetto Spaziale", titolo che accompagnerà gran parte della sua successiva produzione artistica. Nel 1947 torna in Italia e si insedia nuovamente a Milano dove nasce il primo manifesto dello Spazialismo. In questo manifesto si sostiene l'esigenza di superare l'arte del passato, facendo "uscire il quadro dalla sua cornice e la scultura dalla sua campana di vetro", e di produrre nuove forme d'arte utilizzando i mezzi innovativi messi a disposizione dalla tecnica.
Sulla scia di una celebrazione della modernità e delle sue nuove tecniche, Fontana realizza nel 1949 alla galleria del Naviglio un'opera emblematica: l'Ambiente spaziale a luce nera, in cui in uno spazio espositivo completamente nero sono appesi una serie di elementi fosforescenti e fluttuanti. Nello stesso anno la ricerca spaziale viene approfondita con la serie dei "Buchi", opere pittoriche dove all'intervento cromatico si aggiungono fori eseguti dall'artista. Ecco le sue parole a proposito "Io buco; passa l'infinito di lì, passa la luce, non c'è bisogno di dipingere. Tutti hanno creduto che io volessi distruggere: ma non è vero io ho costruito, non distrutto" (L. Fontana in AA. VV., Dal testo alla storia dalla storia al testo, Letteratura italiana con pagine di scrittori stranieri, Paravia, Torino, 1993). Ai successivi "olii", tele cosparse di materia cromatica sulle quali Fontana interviene con gestualità irruenti provocando buchi e lacerazioni, segue la sperimentazione dei "Metalli", lamiere specchianti su cui l'artista interviene squarciando e tagliando la superficie. Con questo gesto unico e incisivo Fontana non recide soltanto la tela, ma la supera, rompe il limite temporale della materia per plasmare una nuova dimensione protesa all'infinito: "voglio aprire uno spazio, creare una dimensione nuova, connettermi al cosmo che si espande all'infinito, oltre il piano confinante del quadro" (L. Fontana in AA. VV., Dal testo alla storia dalla storia al testo, Letteratura italiana con pagine di scrittori stranieri, Paravia, Torino, 1993). Risale al 1954 la partecipazione insieme a Leoncillo alla XXVII Biennale di Venezia. Dal dialogo tra i due artisti nasce una riflessione appassionata sulla sincronicità tra colore, tempo e spazio.
La sperimentazione di materiali innovativi come neon, luci ultraviolette e vernici fluorescenti, lo porta a realizzare installazioni d'avanguardia come quella creata nel 1951 per la per la IX Triennale di Milano. Inoltre è stato tra i primi artisti visivi a cogliere l'importanza del medium televisivo e nel 1952 partecipa ad una delle trasmissioni ancora sperimentali della RAI presentando i suoi Concetti Spaziali sotto forma di immagini in movimento.
Il 1966 è l'anno di importanti successi internazionali: vengono allestite sue mostre personali al Walker Art Center di Minneapolis, alla Marlborough Gallery di New York e alla Galerie Alexander Iolas di Parigi. Di particolare rilievo in Italia è la sala che gli viene dedicata alla XXXIII edizione della Biennale di Venezia, dove collabora con l'Architetto Carlo Scarpa per creare un ambiente ovale labirintico illuminato da una luce bianca, dove una serie di tele bianche attraversate da un unico taglio erano disposte per tutto lo spazio: opera innovativa che vince il premio della Biennale. Il 1967 è l'anno in cui culmina il rigoroso monocromatismo con la tendenza a lacerare le tele e attraverso segni sempre più regolari ed essenziali. La portata rivoluzionaria dell'arte di Fontana viene interpretata anche in altri ambienti creativi, arrivando ad ispirare stilisti e designer: La stilista Mila Schon dedica nel 1969 una collezione ai suoi Tagli e sempre rifacendosi alle tele dell'artista inventa il tessuto doble face. All'inizio del 1968 Lucio Fontana lascia il suo studio di Corso Monforte as Milano e si trasferisce a Comabbio (VA). Morirà a Varese il 7 settembre dello stesso anno.

 

Dopo la morte di Lucio Fontana sono state realizzate importanti mostre antologiche, tra le più recenti: "Lucio Fontana, retrospective", realizzata nel 2014 al Musée d'Arte Moderne de la Ville de Paris; "Lucio Fontana: On the Threshold", realizzata nel 2019 presso The Met Breuer e The Met 5th Avenue a New York;"Lucio Fontana. Retrospective" inaugurata nel 2019 al MaMM - Multimedia Art Museum di Mosca e "Lucio Fontana: En El Umbral", realizzata al Guggenheim Museum di Bilbao in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana e Metropolitan Museum of Art di New York. 

 

Nel 1998 la Galleria d'Arte Maggiore g.a.m. ha ospitato una collettiva di respiro internazionale dove insieme a opere di De Chrico, Balla, Franz Kline, Pomodoro e Allen Jones sono state esposti degli olii di Lucio Fontana.