Pier Paolo Calzolari

Anche se il ricorso di Pier Paolo Calzolari (Bologna 1943) a processi non convenzionali e a materiali quotidiani non tradizionali lo hanno posto all'avanguardia del movimento di Arte Povera, la sua tendenza di alludere ad elementi classici della storia dell'arte come le nature morte o religiosi come i trittici, l'hanno distanziato dai suoi compagni poveristi.

 

Utilizzando materiali che spesso evocano i quattro elementi alchemici, come il fuoco, il ghiaccio, il muschio, il piombo e il tabacco, Calzolari organizza una sinfonia del quotidiano, del reale che si racconta nel presente, nel vissuto e si dispiega nello spazio della rappresentazione annientando ogni mediazione, ogni possibile raffigurazione. Non descrive, non codifica, ma vive la realtà e l'arte come un atto di passione. L'arte si fa vita e la vita si compenetra nell'arte. La sua è una poetica in grado di muoversi tra le cose secondo una dimensione alchemica, capace di riattivare in maniera sensibile e assolutamente personale lo spazio artistico e il procedimento creativo. I monocromi di materie sublimi, le scritte luminose al neon, le strutture ghiaccianti sfruttano i principi della fisica per creare un'estetica dell'organismo vivente. Attratto dal processo formativo degli elementi più che dalla loro forma in sé, elabora una materia viva, in cui gli oggetti abbandonano lo stato di inerzia e perdono la loro condizione statica per espandersi nell'ambiente delineando una nuova dimensione spaziale e temporale tendente verso il sublime. Senza titolo, 1973, incorpora materiali naturali e strumenti tecnologici. Una realizzazione nata dalla sua osservazione in gioventù della luce riflessa dal marmo bianco a Venezia, come spiega: «Quando ero bambino, sono andato ad abitare a Venezia, una città isolata del dopoguerra, dove la luce era ancora psichica. Una luce invasiva, prendeva possesso di oggetti e realtà fisiche, rendendoli astrattamente tattili. Dava la sensazione che gli oggetti fossero fatti di luce, fisici ma impalpabili. Poi mi ricordo le linee dei ponti veneziani, quelli più antichi fatti di legno, che si appoggiano, premono sulle strade con i loro contorni morbidi e sensuali, quasi abbandonati tra acqua e terra. Poi c'erano gli esempi, dal museo alla vita, da Giorgione a Tancredi, con le loro idee sulla luce come pittura, ma non capivo come tradurre bene questa condizione di estrema sensitività cromatica, finché non ho visto le panchine sulla riva della laguna dei Servi, illuminate, ma impregnate da una luce rosea che le faceva sembrare leggerissime, oppure come se avessero un peso, quello della luce, appoggiato su i loro piani. Avevano un peso, ma erano privi di fisicalità» (P. Calzolari, intervistato da G. Celant, Toward the Sublime in G. Celant, Pier Paolo Calzolari: Interview/Essays, New York, 1988, p. 7).

Tutta l'opera di Calzolari ci incanta presentandoci una condizione dell'essere attraverso il processo di trasformazione degli elementi, attraverso la formazione e la composizione degli stati delle materie. Il divenire delle forme e degli oggetti, il loro fluttuare da una dimensione all'altra, il loro incessante modificarsi sono solo il modo di tenere viva l'essenza dell'arte, lo strumento attraverso il quale l'artista ci restituisce le immagini della sua straordinaria e sensibile visione del mondo.

 

Calzolari ha esposto i suoi lavori in mostre personali e collettive intorno al mondo, così come in musei internazionali e instituzioni come il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, il Fine Art Museum di Boston, Art Institute of Chicago, Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea a Torino, MAMbo a Bologna, MAXXI a Roma, Palazzo Grassi - Punta della Dogana Fracois Pinault Foundation a Venezia, il Centre Pompidou a Parigi, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofìa a Madrid, tra gli altri. Piero Paolo Calzolari ha partecipato a Documenta (1972, 1992), alla Biennale di Venezia (1978, 1980 e 1990) e alla Quadriennale di Roma (1972).