La Meditazione mattutina (1911–1912) e la sua prospettiva vuota che si apre sul mare. La Grande torre (1913), con l’esoterismo di un’architettura divinizzata. Il Sogno trasformato (1913), con la maschera di pietra che funge da oracolo divino davanti a frutti simbolici. Anche Parigi s’immerge nelle delizie del mistero con Giorgio de Chirico (1888–1978), l’inventore della pittura metafisica, che affascinò Apollinaire, sedusse Paul Guillaume e persino André Breton. Suo padre, ingegnere ferroviario in Tessaglia e amante dell’arte, gli fece scoprire l’antica Grecia. A dodici anni il giovane Giorgio fu iscritto al Politecnico di Atene, dove seguì corsi di disegno e pittura. Ma fu a Monaco, dopo la morte della sorella e del padre, che il nativo di Volos frequentò i corsi dell’Accademia di Belle Arti e scoprì Friedrich Nietzsche, Arthur Schopenhauer e i dipinti di Arnold Böcklin. Tornato in Italia nel 1910, la sua prima serie di quadri utilizzò spesso la parola enigma nei titoli (Enigma di un pomeriggio d’autunno, 1909). Ecco un rebus nella storia dell’arte da decifrare attraverso più di centocinquanta opere.
“Giorgio de Chirico, 1888–1978, La fabbrica dei sogni”, dal 13 febbraio al 24 maggio al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris

Giorgio De Chirico, Les Maschere, 1973. Collezione privata, courtesy Galleria d'Arte Maggiore, Bologna
