I Matta, ispirazione in famiglia

Il Surrealismo di Robert Sebastian, la città alterata di Gordon, la politica di Pablo. Un padre e due figli legati e contrapposti, fra Breton, New York e “Lotta continua”.
Sebastiano Grasso, Corriere Della Sera, Luglio 21, 2013

 

Arte in famiglia. Ottima l'idea di Danilo Eccher di riunire in una sola mostra i lavori di Roberto Sebastian Matta (Santiago del Cile, 1911-Civitavecchia, 2002) e dei figli Gordon Matta-Clark (New York, 1943-1978) e Pablo Eucharren Matta (Roma, 1951): dipinti, sculture, fotografie, disegni. Sfilano così assieme alla famiglia Matta, buona parte dei protagonisti dell'arte di oltre mezzo secolo in Cile, Francia, America e Italia.

 

Che cos'hanno in comune Roberto Sebastian, Gordon e Pablo? Tutto e nulla. Forse, all'inizio, soprattutto i figli hanno respirato, in casa, lo stesso clima di fantasia, di invenzioni, di scoperte; ma poi qualcosa ha spezzato l'incantesimo e ognuno è andato per la propria strada. Mai, come in questo caso, la biografia di ciascuno ha influito in maniera così rapida e, per taluni versi - come nel caso di Gordon -, drammatica, nel loro modo di fare arte.

Dei tre, certamente, il più famoso è il padre, al quale è dedicata un'altra mostra (L'origine è adesso) alla Pinacoteca Civica di Savona (fino al 1° di settembre) a cura di Silvia Pegoraro. Cileno, figlio di emigrati baschi, dopo gli studi di architettura, Matta padre approda a Parigi. Ha 22 anni e tanta voglia di fare, di vivere. Entra nello studio di Le Corbusier. Ma è il Surrealismo di André Breton ad attirarlo. Così come quello strampalato di Dalì, che lo presenta a Federico Garcia Lorca, Marcel Duchamp e Man Ray.

Il surrealismo appaga lo slancio visionario del giovane cileno, lo costringe a rivalutare la realtà che gli sfugge. I suoi quadri piacciono a Breton, che li definisce “Una perla che cresce a valanga, attraendo a sé ogni bagliore fisico e mentale”. Il credo bretoniano invade anche la sua maniera di pensare e di esprimersi. Qualche esempio? Un critico gli domanda: “A chi pensa di assomigliare?” e Matta: “Credo di essere Charlie Chaplin”. E un altro che gli chiede: “Chi è lei, realmente?” risponde: “Forse un personaggio romanzesco. Se mai sono esistito”.

La sua fantasia percorre strade futuristiche, in cui innesta i miti popolari della sua terra, e così avanti sino a sfiorare il grottesco, l'assurdo. I dipinti si popolano di strani animali (non contemplati nei testi di zoologia), strane macchine, strane origini del mondo (“L'origine si assomiglia molto in tutti. In un certo senso tutti nascono nel sangue e nella cacca, dopo li lavano e un può diventare avvocato, o altro”), strani fiori senza profumo, strani uccelli, strane apparecchiature simili a centrali nucleari o elettriche, strani insetti. Il risultato? Un'architettura fantastica, lontana da cliché o dalla pittura tradizionale, che gli facesse valutare lo spazio, un po' come gli artisti rinascimentali.

Surrealista, s'è detto. Ma sui generis, perché per lui il Surrealismo non è mai finito, s'è solo trasformato col passare del tempo.Per lui non era più un movimento, ma una maniera di vivere. Lo applicava persino alle parole. Gli piaceva storpiarle e reinventarle. La ceramica diventava “c'era mica” Matta, goduria e delizia di fiori si mutavano in “Godizia”, a sua volta scandito come “Godi, zia” E con ragione. A Parigi viveva una zia di Matta. Amica di Picasso, Satie, Debussy e Diaghilev, amava la vita mondana. Nel 1930 il trasferimento a Madrid. Ricordava Matta: “Era molto bella e io volevo andare a letto con lei, ma non aveva voluto, perchè, diceva, aveva l'età di mia madre”.

 

Ma quali sono state le incidenze coi figli? Rapporti difficili tra Sebastian Matta e Gordon, ben presto abbandonato assieme alla madre. Il genitore non riconosce il suo lavoro perché non gli interessa. Reazione di Gordon, anche lui architetto? Rifiuta la pittura del padre e si dà alla fotografia. Ragazzo, giocava in strada, a New York, fra palazzi abbandonati di Soho. Le sue immagini risentono di una sorda ribellione alla prospettiva, alla struttura (evidente che si tratta di ribellione al padre). Seziona tutto, taglia. Luce e aria devono attraversare gli edifici disabitati, smuoverli, dar loro vita.

Gordon si fionda in una sorta di archeologia urbana con prospettive alterate, senza linee d'orizzonte. Si insinua attraverso le fenditure. Un tumore al pancreas se lo porta via a soli trentacinque anni. Soho perde il suo cantore.

In Pablo Eucharren, l'arte sposa la politica. Il pittore è nato a Roma. E' Gianfranco Baruchello a spiegargli Duchamp e la poesia visiva. A vent'anni comincia a dipingere quadratini che piacciono ad Arturo Schwarz, che lo incoraggia e gli compra tutto. Poi inizia l'avventura con “Lotta continua”. Su invito di Adriano Sofri, ilustra pagine e pagine del giornale. Nei quadratini vengono inseriti slogan e fumetti. “La realtà della politica è più importante della pittura”, dice. Pablo partecipa anche al movimento degli Indiani Metropolitani, affianca i simpatizzanti di Fluxus, del Gruppo 70, del Gruppo 63, della poesia visiva. “Si credevano dadaisti” - chioserà Maurizio Calvesi -. In realtà erano futuristi”.

Ecco l'elemento comune col padre: il Futurismo. Per il resto Pablo rimane fedele alle sue idee: “Trasformare le nostre piazze in tavolozze e i nostri viali in pennelli”. Come diceva Majakovskij.

58 
di 77