ALLEN JONES

Il gran teatro del protagonista della Pop art britannica, che libera la figurazione fondendo pittura e scultura. Tra pin-up, ermafroditi e bad girl
Licia Spagnesi, Arte, Marzo 1, 2024

"Volevo farla finita con l'idea che la figurazione fosse romantica e che non potesse essere tosta."

 

Londra, fine anni Cinquanta. Il grigiore e l'austerità di una città ancora segnata dalle ferite della Seconda guerra mondiale vengono spazzati via da un'ondata di energia, colore, ottimismo ed edonismo. La Swinging London diventa la capitale dello stile: in musica, con i Beatles e i Rolling Stones, nella moda, con le minigonne di Mary Quant, mentre sulla scena artistica irrompe il fenomeno della Pop art. Un'arte che, già nel 1957, Richard Hamilton descriveva programmaticamente come "popolare, effimera, facilmente comprensibile, di basso costo, prodotta in serie, giovane, spiritosa, sexy, piena di trovate, seducente, capace di creare grande business". E grande scandalo. Nel gruppo dei pop artisti britannici, accanto a Richard Hamilton, R. B. Kitaj, Peter Blake, Peter Phillips, Derek Boshiere e David Hockney, il più scandaloso, il più urticante di tutti è sicuramente Allen Jones (Southampton, 1937). Nel 1970, quando furono esposti per la prima volta, i suoi Hatstand, Table e Chair (1969) fecero infuriare le femministe (e non solo) che vi videro la donna-oggetto fatta scultura. Hatstand (appendiabiti) è una figura femminile in vetroresina, simile a un manichino, dal volto inespressivo, abbigliata in tenuta fetish (la pelle nera era stata confezionata dalla stessa ditta che aveva realizzato la tuta di Diana Rigg nella serie TV The Avengers) e posizionata in piedi con le braccia pronte ad accogliere cappotti e cappelli; il secondo manichino, "a quattro zampe", con una lastra di vetro sulla schiena diventa un tavolino (Table), mentre il terzo manichino, supino, con le ginocchia ripiegate contro il petto e sopra di esse un cuscino, funge da sedia (Chair). Insomma, la donna, totalmente spersonalizzata, è proposta come complemento d'arredo, un banale oggetto di consumo.

PITTORE CHE SCOLPISCE. 

Nonostante si sia affermato sulla scena internazionale con i mobili-scultura, Allen Jones si considera, nel profondo, un pittore: «Sono un pittore che scolpisce», dice di sè. A testimoniare la sua grande libertà espressiva e la sua inventiva è ora la mostra Forever Icon, aperta fino al 14 aprile alla Galleria d'Arte Maggiore di Bologna, dove l'artista aveva già esposto nel 1999 e nel 2002. Sono riunite diverse opere che, fondendo pittura e scultura, rappresentano il tentativo di "liberare" la pittura dalla cornice del quadro o, al contrario, di "far entrare" la scultura nel dipinto (Changing room, 2016). Oltre alle figure femminili che dagli anni Sessanta dominano il suo universo, sono presenti anche quelle maschili, fortemente stilizzate, che nelle sculture in acciaio dipinto vengono spesso rese attraverso pochi elementi come il cappello, la cravatta, l'abito scuro (Untitled man, 1989, Man losing his head and hat, 1988). Nell'ambientazione è sempre presente qualche allusione al mondo del teatro: spesso circondate da sipari, specchi, maschere, le figure incedono con passo elegante come modelle di una sfilata (Backdrop, 2016-2017), assistono a uno spettacolo da un palco (Bravo!, 2017) o danzano su un palcoscenico strette in un abbraccio: è la danza della vita che fonde con colori saturi l'uomo e ladonna (Semi Quiver, 1997, Crescendo, 2003).Tutto è in movimento, tutto è colore nelle sue opere che offrono una riflessione sui meccanismi dell'attrazione tra l'uomo e la donna. I corpi si confondono fino a diventare un tutt'uno, superando la distinzione tra i generi: l'ermafroditismo è un tema che affascina Jones sin dai lavori degli anni Settanta. Nella mostra è presente anche un'opera dedicata a Kate Moss, già esposta nella retrospettiva di Allen Jones alla Royal Academy di Londra (2014). L'armatura che indossa la modella era stata creata dall'artista nel 1974 per un film:«Era la storia di una ragazza che voleva diventare una modella. Ma aveva un problema: ogni volta che si posizionava sotto i riflettori, si trasformava in uomo. Il suo ragazzo, un artista, riusciva a salvarla, creando un abito-corazza che la avvolgesse preservando la sua identità di donna». Il film non venne mai realizzato, ma quando, nel 2013, Christie's gli commissionò un lavoro in occasione di una mostra su Kate Moss, Jones decise di ritrarre Kate con l'armatura dorata: un modo per fissare per sempre la sua icona di eterna bad girl. 

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